Abbiamo incontrato il nostro amico e collaboratore Antonello Cresti al Circolo Arci Eliogabalo di Fasano in occasione della presentazione del
suo ultimo lavoro Solchi sperimentali Italia, 50 anni di italiche musiche altre(Crac edizioni 2015). Da questo incontro è nata questa breve
intervista. Antonello Cresti è saggista, compositore e giornalista. Si è
laureato con lode in Scienze dello Spettacolo presso l’Università di Firenze.
Si occupa prevalentemente di controcultura, musica underground, spiritualità,
mondo britannico e pensiero anticapitalista argomenti ai quali ha già dedicato
otto libri, usciti per varie case editrici.
All’interno del sito PsyCanProg gestisce, insieme a Valerio D’Onofrio, lo spazio Solchi Sperimentali. Col collettivo Nihil Project ha pubblicato apprezzati album in
ambito sperimentale. Collabora regolarmente con un ampio numero di testate
cartacee e web, tra le quali Il Manifesto, Alias, Left, Rockerilla, Il Garantista, Aam Terranuova, PaginaUno, PsyCanProg.
Raffaele Astore: Solchi Sperimentali una guida alle musiche altre, uscito da poco, e
Solchi Sperimentali Italia 50 anni di musiche altre. Ecco, Antonello qual’è la
chiave di trait d’union tra il primo ed il secondo lavoro?
Antonello Cresti: L’idea di partenza sostanzialmente nasce, così come ho scritto
nell’introduzione al primo volume, di sintetizzare venti anni di ascolti matti
e disperatissimi come li ho definiti, in ambito altro, e quindi tutti quanti
quegli ascolti che, in qualche modo, non sono incasellabili nelle classiche
categorizzazioni della storia del rock. Tutte le ricerche vanno in un senso di
analisi musicale, sperimentazione, abbattimento dei confini tra le espressioni,
per cui Solchi Sperimentali nasce dalla volontà di sistematizzare, di creare un
percorso, naturalmente molto personale, tra queste esperienze.Solchi
Sperimentali Italia in qualche modo è il figlio del primo lavoro
perché, se nel primo episodio ci si concentrava su gruppi artistici provenienti
letteralmente da tutto il mondo, anche da realtà molto minori, Solchi
Sperimentali Italia, come naturalmente dice il titolo stesso, è un’indagine
approfondita sul caso italiano, su tutte quelle musiche sghembe, difficilmente
etichettabili, provenienti dall’Italia negli ultimi cinquant’anni, e cioè dal
’67 al 2015 per essere precisi.
Raffaele Astore: All’interno di questo volume si parla di sperimentazione; ho notato
leggendolo che tu hai anche inserito gruppi come il Banco, gli Area che
comunque con Demetrio hanno fatto sperimentazione, ma sono presenti anche dei
gruppi che strizzano l’occhio anche alla psichedelia. Ecco, questa forma di
ricerca da dove parte se consideriamo ad esempio che un gruppo come gli Area ha
poi di fatto realizzato una sorta di sperimentazione “popolare”?
Antonello Cresti: Inevitabilmente in un libro come questo dove ci sono, se non ricordo
male, novecento album recensiti, e circa trecento artisti, parte delle
esperienze inserite sono date dal tessuto underground di provenienza poco
conosciuto. Questo non significa che non ci sono anche artisti che un loro
seguito lo hanno avuto sia in tempo reale sia magari successivamente. Hai fatto
i nomi del Banco, degli Area, ma ci sono Battiato, Cacciapaglia, Gianni
Maroccolo, e potrei citarne tanti altri; ecco, ad esempio, il Banco del
Mutuo Soccorso è un caso limite perché parliamo di una band che viene trattata
nelle usuali discografie progressive, mentre io ho voluto dedicarmi ad un unico
album, che è “Di Terra”, un lavoro che solitamente non viene molto
affrontato, e questo perché nel mio progetto propositivo mi serviva come caso
limite per illustrare quello che io definisco “nuovo camerismo”, “nuovo
sinfonismo”, e quindi partire da quello per poi rifarmi ad una serie di
autori ed artisti che hanno tentato di dare un nuovo slancio, una nuovo modo di
intendere la musica classica vista come rappresentazione cameristica e
sinfonica, e “Di Terra”, secondo me, era ed è un momento di cerniera molto
importante.
Raffaele Astore: In questo libro ci sono artisti “classici” e artisti un po’ “meno classici”
di difficile rintracciabilità; selezionare per il tuo lavoro tutti questi
gruppi di certo ha significato anche tante ore di ascolti. Tra tutte le
migliaia di ascolti che hai effettuato, quali sono quelli ai quali sei
maggiormente legato, o meglio, che ti hanno dato poi l’input per realizzare
questa tua nuova produzione?
Antonello Cresti: Come ascolto affettivo di sicuro c’è tantissimo di me. Chiaramente la
mia analisi non ha mai la pretesa di essere né onnicomprensiva né che prescinda
da quella che è la mia esperienza personale, e quindi, senza dubbio, visto che
tu facevi il nome di Franco Battiato degli anni ’70 che per me è stato un
artista molto importante, in generale direi che è stato fondamentalmente
importante tutto quel clima più tendente alla spiritualità degli anni ’70.
Infatti insieme a lui ci sono anche artisti come Juri Camisasca, Albergo
Intergalattico Spaziale, gli Aktuala, Claudio Rocchi,
questa sorta di mondo di prog sghembo anche tematicamente. Poi nel corso degli
anni trovi inoltre tante altre passioni che mi hanno attraversato, voglio dire
anche difficili da immaginare, per esempio il black metal degli anni ’90,
giusto per giocare per opposti, certa sperimentazione elettronica più recente,
ecco, ho cercato di giustapporre nella maniera più trasversale possibile più
esperienze apparentemente inconciliabili. Ma il senso, il fil rouge c’è,
eccome.
Raffaele Astore: Per il neo folk invece?
Antonello Cresti: Io non amo la definizione di neo folk che spesso ha acquisito un
carattere prettamente politico. Non c’è tantissimo in Solchi Sperimentali
Italia di queste esperienze che derivano appunto dal folk inteso come musica
tradizionale; c’è però un mondo molto interessante che si è sviluppato a
partire dagli anni ’80, come quello della musica in qualche maniera
ritualistica, e lì abbiamo una scuola italiana molto appassionante, penso agli Ain
Soph, agli LAShTAL, ai Tomografia Assiale
Computerizzata, a gruppi veramente interessanti che, appunto, hanno dato un
senso di ritualismo all’interno della loro musica, riferendola anche ad un
immaginario esoterico più esplicito. In ambito folk devo dire che l’Italia è
forse uno dei paesi più deboli da questo punto di vista, mentre continua ad
affascinarmi quello che avviene in Gran Bretagna ancora più che negli Stati
Uniti.
Raffaele Astore: Musiche altre, musiche italiche. Il prossimo passaggio?
Antonello Cresti: Come dicevo prima, Solchi Sperimentali Italia è una sorta di rassegna
degli ultimi cinquant’anni, mi piacerebbe che il prossimo passaggio fosse una
fotografia sul presente, cioè quello che sta succedendo in questo momento, non
importa se di artisti che sono sulla breccia da tanti anni o artisti che sono
agli esordi in questo momento, ma tentare di fare una fotografia “dell’allora è
adesso”.
Raffaele Astore: Ci fai una immediata istantanea di questo “ora è adesso”?
Antonello Cresti: Beh, avviene anche stasera con questa performance di Ergo, è un’ora
adesso, un’interpretazione dell’elettronica. Ieri abbiamo fatto una cosa più
proiettata verso il futuro con gli studenti del corso di elettronica del
Conservatorio di Benevento, come dire sto lanciando uno sguardo verso quello
che potrà accadere.
Raffaele Astore: A proposito di studenti, come vedi i giovani di oggi rapportarsi a
questo genere di ascolti che proponi?
Antonello Cresti: Io ero abituato, facendo eventi nel tempo, ad avere un pubblico
spesso “reducistico”, cioè di persone talvolta ben ultracinquantenni; l’ultimo
anno ho invece assistito ad un cambio di prospettiva, hanno cominciato ad
avvicinarsi sempre più giovani, come i ventenni, si è rotta la frattura che di
solito c’era con un pubblico prevalentemente maschile, ora ci sono anche le
donne, mi sembra che si stia aprendo una prospettiva da questo punto di vista.
Ecco le generazioni degli anni 60 e 70 avevano quest’idea dell’assalto al
cielo, di poter cambiare la realtà, c’è molto ripiegamento in questo momento
storico, speriamo che quello che sta avvenendo sia una prima scintilla affinché
i giovani possano riacquisire un protagonismo all’interno della creatività e
della società in generale.
Raffaele Astore: Antonello noi ti ringraziamo per averci accolto in questo tuo nuovo
percorso, ma voglio salutarti con un’ultimissima domanda: quanto è difficile,
oggi come oggi, fare ricerca sulla sonorità?
Antonello Cresti: Beh, è difficile dire qualcosa che sia completamente nuovo, però
secondo me se noi ci liberiamo anche da questo concetto, e cioè che sia per
forza necessario ripartire da zero, e cerchiamo di dare una nostra impronta,
una nostra personalità a materiali preesistenti, secondo me la ricerca ha
ancora un lungo futuro.
Raffaele Astore: Antonello grazie per la disponibilità ed il tempo che ci hai
dedicato, ti lasciamo a questa nuova tappa di presentazione del tuo libro ed
alle tante altre che verranno. Da parte mia, da parte degli amici di PsyCanProg e
di Inondazioni.it, ti auguriamo le fortune più importanti per questo e
per i prossimi lavori.
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