Intervista a Max Stefani autore de "I quattro cavalieri dell'apocalisse"

Fondatore ed ex-direttore della rivista IL MUCCHIO SELVAGGIOMax Stefani ha cominciato a scrivere di musica all’inizio degli anni 70 per la rivista di hi-fi SUONO, con la quale ha ripreso la sua collaborazione nell’aprile 2012 per terminarla un anno dopo. Come editore ha creato RUMORE, CHITARRE, la rivista di cinema DUEL/DUELLANTI. Nel 1976 ha diretto i primi numeri di POPSTER/ROCKSTAR, ed ha scritto per L’EUROPEO, LA REPUBBLICA, STEREOPLAY le riviste francesi STARFIX e LESINROCKPTIBLES.OUTSIDER nato nel giugno 2013. 
Lo abbiamo contattato in occasione del suo ultimo libro “I 4 CAVALIERI DELL’APOCALISSE Peter Green, Jimmy Page, Jeff Beck, Eric Clapton” e ne è nata questa piacevole intervista.

Raffaele Astore: I 4 Cavalieri dell’Apocalisse è un libro su chi ha stravolto l’uso della chitarra nel rock. Cosa ti ha spinto a raccontare tutto ciò?
Max Stefani: Più che altro i 4 sono stati il pretesto per fare una bella storia di quello che era Londra negli anni sessanta. Tutto sommato a me, come studioso e appassionato, interessava questo. Il mio primo arrivo a Londra è del 1967, 16 anni, quindi per me sono gli anni della crescita, quelli più importanti e Londra mi ha segnato parecchio. Poi ovviamente sono i quattro chitarristi inglesi (ma c’è anche tanto Hendrix dentro) più importanti di quegli anni e quindi ecco il perché dei ‘Cavalieri dell’apocalisse’.
Raffaele Astore: Come è maturata la scelta di lavorare su questi quattro nomi: Peter Green, Jimmy Page, Jeff Beck ed Eric Clapton. E’ una questione di feeling o qualcosa ti è stato suggerito dalla classifica dei 100 migliori chitarristi secondo Rolling Stone?
Max Stefani: Non ho bisogno di Rolling Stone per sapere quali sono i chitarristi elettrici inglesi bianchi più influenti. Li ho scelti perché sono fondamentali e anche i più famosi ovviamente, perchè altrimenti dovrei citare anche i vari Albert Lee, Hank Marvin, Richard Thompson etc. E poi per un verso o per l’altro sono i miei preferiti. Specie Green. Anche se ogni volta che lo vedo mi viene da piangere. Ma sembra felice con il suo hobby della pesca. Sigh.
Raffaele Astore: Per realizzare questo libro sei stato in giro per Londra andando a rivedere i posti in cui avevano suonato. Cosa ti è rimasto di quel tuo girovagare “sonoro”?
Max Stefani: E stato bellissimo. Un deja-vu pieno di nostalgia per il tempo che fu. Avevo 16 anni, e ne dimostravo 14, la prima volta che ho passato 2 mesi a Londra. Al di là della musica, mi accorsi che era un altro mondo. Non solo per le mie prime canne di erba. Quella Londra, sporca, con i muri anneriti dai riscaldamenti a carbone, i bus aperti, quella nebbia che non esiste più che dovevi camminare con le braccia tese in avanti per non rischiare di sbattere contro un muro o un cartello, Soho con i suoi locali equivoci ma soprattutto i posti dove si suona rock come il Marquee, il Flamingo, lo Speakeasy, il Bag O’Neils, l’atmosfera inebriante che si percepiva, l’assoluta libertà di esprimersi vestendo o suonando, i colori che permeavano l’aria quando in Italia era tutto grigio, mi fece capire che l’Italia era troppo stretta per me e soprattutto che il rock doveva in qualche modo far parte della mia vita pur essendo cosciente di essere nato nel paese sbagliato, ma ho capito che il rock era molto di più: un atteggiamento, un modo di fare le cose, di affrontarle.
Raffaele Astore: Leggendo il tuo bel volume ci si accorge dell’immenso lavoro che hai realizzato. La cronologia e la paziente meticolosità che ci hai messo dentro ci fa capire che non deve essere stato facile. Spiegaci meglio come hai fatto?
Max Stefani: Sono partito da un bel libro di un amico norvegese ‘Strange Brew’, che mi ha dato le basi. Anche se solo su Green e Clapton. Poi da lì ho tolto il superfluo e aggiunto un 60% di materiale nuovo, andando a scartabellare su un centinaio di libri, biografe, siti, interviste nonchè i miei ricordi. Solo di libri ho speso circa 700 dollari. Come scrive il mio amico Trombetti nella seconda introduzione ”lo stile è quello inaugurato sul piacevole ma defunto mensile “Outsider”, tutto o quasi viene lasciato spiegare in prima persona da chi veramente c’era, attraverso parole e situazioni cristallizzate nel momento in cui queste si sono verificate. Recuperando in modo certosino e facendo un collage di frasi strappate a interviste dai più famosi e diffusi periodici specializzati dell’epoca, ricostruendo, al tempo stesso, una sequenza cronologica degli avvenimenti che permette di calarsi in quel periodo ribollente ogni volta che prendi il libro in mano…. Un po’ come sbirciare da una macchina del tempo e far finta di essere nella Londra della seconda metà degli anni sessanta. Sbavando per non esserci davvero”. E’ stato faticoso, non lo nego, ma mi sono anche divertito. La visita agli ex studi Decca, la partita al biliardo dove stava il Klook Kleek, curiosare dentro il condominio del defunto Marquee, bussare al Bag ‘O Nails chiedendo di farti curiosare dentro giacchè adesso è un club privato, il Flamingo Club….. Wardour Street, gli studi Olympics… Ancora oggi se giochi di fantasia puoi fare un viaggio nel tempo.
Raffaele Astore: Nel libro c’è tutta la Londra del periodo sessanta, dai gruppi ai locali storici, alle groupies ma anche alle registrazioni. Londra è ora musicalmente cambiata, secondo te in meglio o in peggio?
Max Stefani: Ovvio. In peggio. Quegli anni sono stati un’esplosione di energia senza eguali, irripetibili. Ma è sempre meglio della nostra povera italietta. A Londra è migliorato solo il clima. E’ sparita anche la nebbia. A quei tempi funzionava tutto a carbone, immagina te che poteva essere.
Raffaele Astore: Questi quattro Cavalieri hanno, secondo te, dei papabili eredi? Se si quali e perché, se, no, perché?
Max Stefani: Hendrix non era un mostro a suonare la chitarra. Voglio dire, molti metallari successivi erano più capaci tecnicamente. Steve Vai, Satriani, Malmesteen… Bisogna chiedersi perchè nessuno ha ritrovato il suo feeling. Forse in parte Steve Ray Vaughan? Come nessuno ha ritrovato la sensibilità e il tocco di Green. Se metti ancora oggi una Fender in mano a Beck rimani a bocca aperta. Ma questo discorso vale anche per la pittura, il jazz, il cinema italiano, gli scrittori, la scultura…. sembra proprio che il genere umano nel campo delle arti abbia già dato. Forse il design ha un futuro…
Raffaele Astore: Beck, Clapton, Page hanno avuto in comune gli Yardbirds, Green prima i Bluesbreakers poi i Fleetwood Mac. Sarebbero ugualmente diventati quello che poi hanno rappresentato nel mondo del rock e del blues senza questi gruppi?
Max Stefani: Penso di no. Sono state esperienze fondamentali. In quei pochi anni hanno raggiunto tutti e quattro altezze vertiginose. Mai più ritrovate in futuro. Green per problemi di salute mentale e forse l’unico che avrebbe potuto ancora crescere. Clapton nel tunnel dell’eroina ma aveva già dato il suo massimo. Con Beck si può arrivare al 1975 e con Page alla morte di Bonham anche se ci è arrivato con il fiatone. Tutto quello che è successo dopo ai quattro non è lontanamente paragonabile a quanto espresso in quegli anni. Ma vale anche per molti dei protagonisti di quegli anni.
Raffaele Astore: Jeff Beck ed Eric Clapton due destini a volte in comune ma poi ben diversi. Eppure il primo disse NO ai Rolling Stones. Secondo te, è stato un bene per la sua carriera?
Max Stefani: Dubito che Keith e Mick avrebbero mai preso Beck. Lo conoscevano bene e sapevano quanto fosse poco attendibile. Gli Stones erano (sono) una macchina bel oliata. Molto meglio uno remissivo e obbediente come Mick Taylor. Talmente remissivo che alla fine l’hanno allontanato trovando un perfetto compagno di baldorie in quel caciarone di Ron Wood.
Raffaele Astore: A proposito di Eric Clapton, lo hai inserito in ordine sulla copertina del tuo libro dopo Jimmy Page. Forse per il fatto che è stato lui stesso a dichiarare “Non c’è nulla che mi piaccia dei Led Zeppelin. Anzi, non è stato semplice dissociarsi dai paralleli politici fatti tra noi e loro. Questo tra l’altro è uno dei motivi per cui ho lasciato i Cream”, o per pura casualità? Sai leggendo il tuo libro uno ci pensa a queste cose!
Max Stefani: No no. E’ stato un errore. La grafica non si è accorta che dovevano essere in ordine alfabetico e ha preferito metterli come sono nel montaggio fotografico. Forse a ragione. Clapton ha lasciato i Cream perchè non sopportava più quei due litigiosi a fianco e perché si era stufato di stare al centro della scena. Voleva più discrezionalità. Sia lui che Baker ce l’avevano con i Led Zeppelin perchè qualcuno aveva asserito che l’hard-rock era nato con i Cream e loro questa cosa la rifiutavano in blocco. Ultimamente li ho visti insieme a un vernissage per l’uscita del libro fotografico della figlia di Page, erano amiconi. Come è anche giusto. Sono passati talmente tanti anni. A quei tempi erano ragazzi.
Raffaele Astore: Secondo te chi è stato il più geniale tra loro quattro?
Max Stefani: Dipende. Come genialità Beck. Come sensibilità Green. Come ‘uomo d’affari’ e ‘direttore d’orchestra’ sicuramente Page. Clapton tutto sommato è quello più anonimo. Anche se ovviamente Cream, Blind Faith e Derek and Dominos sono un bel palmare. Anche il disco con Mayall, quello chiamato ‘Beano’. Non tanto per la qualità (6+) ma non si era mai visto un disco blues nelle charts inglesi. Funzionò da apripista.
Raffaele Astore: Per tua scelta personale hai deciso di non “regalare” questo libro alle case editrici. Non è di certo una scelta di poco conto. Come è maturata?
Max Stefani: Ho fatto l’editore a cominciare dal 1977, quando ho capito che non volevo dover rendere conto a nessuno. Infatti il MUCCHIO l’ho sempre gestito come una cosa mia, come in effetti lo era. Molti collaboratori importanti non hanno mai digerito che non facevo riunioni di redazione. Che consideravo inutili. Comunque, non mi va di ‘regalare’ un mio libro a qualche casa editrice, sia Arcana, Giunti o Mondadori, solo per la soddisfazione di vederlo nelle librerie ben esposto per una settimana. No, grazie. Per fortuna non ho più bisogno di questo genere di cose. Uso la parola ‘regalare’ perché poi ti danno due soldi, se riesci a farteli dare. Poi ultimamente l’Arcana fa scrivere libri a porci e cani. Insomma che gusto c’è a buttare sul mercato libri già in partenza inutili? Ci sono centinaia di libri in inglese ancora mai tradotti in italiano che stanno lì ad aspettare. Purtroppo lì i diritti bisogna pagarli prima. Ecco il problema. Certo, farle un libro ‘home made’ è molto più impegnativo e rischioso ma se va bene almeno ci paghi l’affitto a fine mese. Fondamentale per me che, dopo la chiusura di OUTSIDER, sono inoccupato e con una pensione in arrivo prevedibilmente molto bassa. Ho sempre fatto la vita da rocker e un rocker non paga mai i contributi. Vive alla giornata no?
Raffaele Astore: Ci sei rimasto male per la chiusura di OUTSIDER?
Max Stefani: Certo. E’ il più bel giornale che ho diretto, per come era costruito l’unico modo per far sopravvivere un giornale oggi. Anche come scelta del target. Purtroppo proprio nel momento in cui eravamo in pareggio e crescevamo mese per mese, quindi con la prospettiva di andare avanti per anni anche con un buon profitto economico, il mio ‘mecenate’ ha chiuso i rubinetti. Senza neanche avvertirmi con un certo anticipo. Credo che la colpa sia stata delle donne che avevamo intorno. Come spesso succede. Ne siamo usciti tutti con le ossa rotte. E non siamo neanche riusciti a trovare un editore che subentrasse, pur proponendo un prodotto già avviato e in salute. Un vero peccato. Il più felice penso sia stato Carù, perchè stavamo rosicchiando al BUSCADERO tutte le copie. Come sarebbe stato anche giusto visto il ‘conflitto d’interessi’ che accompagna quel giornale fin dalla sua nascita. Comunque la collana di libri partita con i ‘4 Cavalieri’ può essere considerata una sorta di prolungamento di OUTSIDER.

Insomma, per farla breve, anche con Max abbiamo toccato …. il cielo …. E come fai a non toccarlo quando parli di musica (e non solo).
Share on Google Plus

About Unknown

This is a short description in the author block about the author. You edit it by entering text in the "Biographical Info" field in the user admin panel.
    Blogger Comment
    Facebook Comment

0 commenti:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.